Per fare prosperare e vivere a lungo un'impresa o un'istituzione, il capo non deve solo saper scegliere ma anche formare i suoi collaboratori, farli crescere. Per riuscirci deve occuparsi di loro, motivarli, metterli alla prova, correggerli, farli tentare di nuovo. Ho visto però molti imprenditori, molti manager e alti funzionari pubblici che invece tendono a concentrare tutto nelle proprie mani. Assegnano ai collaboratori un compito limitato, specifico, gli forniscono solo poche informazioni. E guai se qualcuno allarga un po' la sua visuale, se fa nuove proposte originali, se prende iniziative.
Perché agiscono in questo modo? Alcuni
lo fanno perché sono dei mediocri, non sanno affrontare e risolvere i problemi,
non sanno decidere. Chiacchierano, promettono, rinviano. Non delegano perché
temono che i collaboratori possano superarli, sono terrorizzati all'idea che qualcuno
di essi possa offuscare il loro ruolo e, domani, usurparne il posto. Invidiano
chiunque emerga e perciò lo frenano, lo frustrano, lo paralizzano.
Ci sono però anche dei capi che, pur
essendo attivi ed energici, non delegano e non insegnano. Di solito lo fanno
perché non hanno fiducia negli esseri umani, sono sospettosi, vedono dovunque
complotti e intrighi e temono che i dipendenti possano sbagliare e fargli fare
cattiva figura. Vogliono attorno a sé solo degli esecutori, non dei
collaboratori. Per giustificarsi dicono che non trovano persone capaci, in
realtà sottovalutano gli altri e sopravvalutano se stessi. Sono autoritari,
vogliono essere gli unici protagonisti dell'impresa, però quasi sempre
falliscono perché perdono tempo in questioni di dettaglio e trascurano quelle
importanti.
Ci sono infine dei capi che non fanno
crescere i propri dipendenti perché pensano solo a se stessi. Non gli importa
nulla dell'istituzione che governano, del suo sviluppo, del suo futuro,
vogliono solo far bella figura e aver successo finché la dirigono loro. Non gli
interessa cosa succederà dopo, non vogliono né un continuatore né un erede, non
gliene importa niente.
Chi si preoccupa allora di fare crescere
i suoi, di formarli, di farli diventare dei capi? Solo chi si sente tanto forte
da poter aiutare gli altri, solo chi pensa più all'istituzione che a se stesso
e si considera uno strumento per orientarla ad inventare cose buone e che
durano nel tempo. E comprende che, se si circonda di persone motivate, valide e
capaci, alla fine ne avrà meriti e riconoscimenti.
articolo di Francesco Alberoni